Descrizione
Dalla prefazione di Gianpaolo Girardi
La viticoltura in Valsugana, come in altre zone, rivestiva una grande importanza economica.
Le coltivazioni, nei terreni pianeggianti, erano in prevalenza destinate alle granaglie e al foraggio, mentre le viti caratterizzavano il paesaggio in alta collina e in montagna.
La Valsugana conserva una inequivocabile traccia della loro coltivazione nei terrazzamenti presenti ancora ovunque: d’inverno, con gli alberi spogli, sono visibilissimi chilometri e chilometri di muri a secco, eretti nel corso di secoli da generazioni di ignoti e abili costruttori.
In realtà le zone vinicole erano due: la Valle della Fersina e la Valsugana vera e propria.
La prima comprendeva le zone vitate, presenti su entrambi i versanti dell’omonimo torrente, da Mala fino a Civezzano e finanche la collina di Tenna.
La seconda iniziava lungo i pendii degradanti del Lago di Levico e arrivava fino ai confini, anche politici, con il Veneto.
Dall’insieme di queste due zone proveniva, in certe annate, anche il 10% della produzione d’uva di tutto il Tirolo italiano (Trentino).
Risulta chiaro come, con una tale quantità di uva prodotta, la Valsugana entrasse in concorrenza con altre zone vitivinicole.
Il libro contiene ampi stralci di una interessantissima tesi di laurea di Thomas Cammilleri intitolata Vino e contrabbando in area trentina.
Storia di tre processi e di una strada distrutta (1604-1722) nella quale l’autore si occupa della viticoltura in area trentina e dei conflitti sorti intorno al vino, ricostruendo, in particolare, le vicende di un itinerario utilizzato a cavallo tra il Seicento e il Settecento per lo smercio e il contrabbando di vino.
Sulle conseguenti cause intentate dai consoli di Trento e dai tirolesi, sulle contromosse messe in campo dalla comunità di Pergine e di Levico e sulle strategie processuali per far chiudere la strada o per poterla mantenere attiva, la tesi contiene un’ampia, documentata e chiara descrizione.
Marzio Zampedri, curatore del volume, nella seconda parte ha elencato un’impressionante mole di dati, di toponimi, di riferimenti, di puntuali riscontri, relativa a otto secoli di viticoltura nel Perginese.
Le attività economiche – e la viticoltura rappresentava un settore importante – contengono dei precisi riferimenti culturali e identitari e questo tipo di trasmissione della memoria, fruibile da chicchessia, permette di comprenderne l’evoluzione storica.
Due guerre mondiali, il flagello delle malattie americane quali oidio, peronospera e fillossera, l’annessione del Trentino all’Italia, hanno tagliato le gambe alla viticoltura della Valsugana e della Valle della Fersina che sta tentando, in questi ultimi tempi, una timida ripresa.
Ci auguriamo che in queste Valli, nel tentativo di ripristinare la viticoltura, si tenga conto di quanto essa sia stata importante in passato (a Borgo Valsugana, nel 1916, fu costruita una delle prime cantine sociali del Trentino) e che non vengano stravolti i luoghi e le tecniche colturali tradizionali né abbandonati i vitigni storici.