Descrizione
Le statue di Lois Anvidalfarei hanno, su un piano oggettivo, tre caratteristiche: sono puri corpi nudi; hanno proporzioni diverse da quelle naturali (la scala è ingrandita); raffigurano spesso persone defunte. Dialogare con una persona che non c’è più, che non può più parlare, vuol dire farla parlare: significa ricostruire un’ipotesi tentativa della sua vita, della sua morte e della sua condizione dopo-umana. Significa cercare di comprendere quello che ci vuole dire, dargli/le le parole.
Ci hanno provato molti scrittori in maniera inarrivabile. La compagine umana ospitata al castello di Pergine ci racconta di sé, forse soprattutto di noi, dei nostri fantasmi, delle nostre ipocrisie, delle paure che non ci lasciano. E, raccontandole, ci aiutano a liberarcene.
Le altre due caratteristiche – l’essere corpi, l’essere in scala più che proporzionale – non sono senza conseguenze per la narrazione. Parlare di corpi non significa parlare di materia ma, con un paradosso solo apparente, anche delle anime che danno forma e significato a quei corpi: un paradosso solo apparente perché questa è la trasfigurazione che si compie nell’opera d’arte, il suo miracolo.
L’essere corpi grandi, poi, ricorda a noi, adulti, la magia del cinema: quello che vediamo sullo schermo, è stato detto, ci affascina non solo perché è come un sogno che viviamo nel buio; non solo perché il cinema è un rito collettivo; non solo perché è un lungo attimo sottratto alla nostra vita quotidiana; ma anche e soprattutto perché ci riporta, regressivamente, a quando eravamo bambini e le cose ci sembravano più grandi di quello che erano veramente. Il racconto è amplificato e ci fa sentire piccoli di fronte a quello che vediamo. I personaggi descritti di seguito non hanno, di solito, un nome.
E, quando ce l’hanno, è un nome che ne nasconde un altro. Non appartengono però a una folla anonima, ma a singole vite irripetibili: pretendono di essere espressioni diverse della condizione umana. Hanno, in questo senso, un significato universale. Ho provato anche a immaginare quale musica avrebbe potuto accompagnare le stazioni di questa via crucis, ma più che musiche mi sono venuti in mente solo suoni e rumori laceranti. Forse riusciremo a ricomporre anche questa sintesi.
(Dall’introduzione di Giorgio Antoniacomi)
L’AUTORE
Giorgio Antoniacomi (Trento, 1958) avrebbe voluto laurearsi in filosofia, partecipare alle Olimpiadi, fare lunghi viaggi in moto, suonare il pianoforte, diventare amico di Ayrton Senna, parlare molte lingue. Da questo punto di vista la sua vita è stata un fallimento.
Suoi, per la casa editrice Publistampa, Marettimo e altri racconti, Vita interiore di un piccione, Terza persona plurale – Racconti portoghesi, Bestiario di incerta umanità. e Storie incomplete.
Con Il margine ha pubblicato Trento, città del coniglio.