Descrizione
Non me ne vado da qui, resto! mi mancherebbero gli spazi dove respiro, i caprioli che vedo al mattino, le genziane, i gigli rossi, gli asparagi , le brise e la neve d’inverno.
Qui, anche il bosco si trasforma in silenzio e ti regala pensieri, riflessioni. Anche se dall’anno scorso soffre molto, il vento lo ha reso fragile.
Qui lavoro, cammino e scrivo. Non posso fare una cosa senza avere vicino le altre.
(N.M.)
Dalla Postfazione
Ne Il paese della Lepre Nadia Martinelli ha compreso e interpretato il grande valore del tempo e del territorio, e principalmente delle persone e delle vite.
Nel libro si trova una complessa e luminosa costellazione di personaggi che abitano la valle di Centa San Nicolò, paese-microcosmo fatto di case e cuori, di lavori, di tradizioni che scandiscono il tempo e il ritmo delle stagioni e della vita.
Ci si può accostare con la stupefazione di chi guarda, cogliendone l’incanto, una di quelle miniature nelle bocce di vetro che rovesciate fanno cadere sul paesaggio la neve.
E ci si immagina l’avvicendarsi delle ore, del dì e della notte, delle stagioni dal ritmo eterno e sempre nuovo sulla terra lavorata, di sudore e fiati, colori. Fra la gente ci si capisce e ci si intende nel dialetto, ci si chiama per soprannome o secondo i luoghi delle abitazioni e dei masi, delle attività.
Le donne parlano e faticano, gli uomini e i muri di sasso presiedono il territorio, hanno i loro mestieri antichi.
Per tutti la fede e la devozione delle giornate contadine, le fragranze dei boschi e dei fiori, l’odore selvatico o domestico degli animali.
Poi una modernità che sopraggiunge e che piano piano comincia a lasciare qualche segno, negli anni Sessanta e a venire del secolo scorso. Hanno, queste storie, tutto ciò che succede.
Le campane del paese avvolgono nel loro rintocco un’intera esistenza corale, fatta di tutti eppure della voce, dell’unicità, di ciascuno.