Descrizione
La Fondazione CastelPergine Onlus dedica all’artista trentino Pietro Weber e alle sue terrecotte la ventottesima (la terza a propria ideazione) grande mostra annuale di scultura monumentale nelle aree all’aperto comprese tra le due cinte murarie del Castello e nel Palazzo Baronale, al secondo piano del quale l’esposizione si conclude con un omaggio grafico-pittorico a Kafka.
Il soggetto principale della mostra sono 12 torri: opere site-specific alte circa tre metri, frutto di un anno di ricerca e lavoro. Ciascuna è come uno ieratico capitolo di un libro o l’elemento polisemico di una grande scacchiera che l’artista, curatore anche dell’allestimento, ha voluto disegnare scegliendo accuratamente uno spiazzo tra le rocce, un angolo di bosco, un terrazzamento o una nicchia e la distanza dalla quale ogni torre avvista l’altra, contrappuntando quelle storiche.
Delle “vere” torri vengono interpretati i ruoli di potere e difesa, vigilanza e dominio, protezione e monito, custodia e prigione. Misteriose teste umane, che trasmutano le architetture in corpi, si trovano al posto delle culminazioni edificiali: hanno fantasiose fogge e copricapi inverosimili, reminiscenze o emanazioni di remote geografie, incontri e racconti che sembrano fluire dalle loro bocche o rispecchiarsi nei loro occhi che guardano lontano nello spazio e nel tempo.
Le torri di Pietro Weber si misurano innanzitutto con la poderosa dimensione verticale del Castello, custode di memoria millenaria. Si moltiplicano negli ampi spazi in simmetrie di forme e contrasti tra l’ocra delle antiche pietre e il colore delle terrecotte, la semplicità delle geometrie e i corpi leggeri eppur carichi di simboli e indizi da decifrare. È lo stesso simbolismo del Castello a proiettarci nella mitopoiesi, nell’arcano, nell’emozione estetica legati ai significanti delle torri ceramiche, scultoree, che sono qualcosa di antico e nuovo insieme, coroplastica con iconografie esotiche, rituali e mitologiche frammentate in tantissime figurazioni su corpi proiettati verso l’alto a emulare le torri medievali.
La “torre teosofica” nel Prato della Rocca allude alla presenza, nell’antico albergo, dei teosofi e del pensatore indiano Jiddu Krishnamurti, che con il suo entourage scelse come luogo di villeggiatura per l’estate del 1924 il Castello, proiettato così in nuovi orizzonti di alterità spirituale e fisica. Lo stupore (o sconcerto) dell’incontro generò curiosità e timori presso i locali, ma anche elaborazioni immaginifiche.
Maschere e teste in terracotta e ossidi arredano il fantastico mondo del Castello con contrappunti antropomorfi ancorché di un’umanità trasognata, misteriosa, senza luogo né tempo, mistica e rituale, capace di incutere sentimenti ambivalenti, dalla paura dell’ignoto a un senso di magica protezione da spiriti avversi.
Inusuali nelle dimensioni anche per l’artista e il suo percorso creativo, queste opere in dialogo col Castello sono collocate in un allestimento fisico e simbolico che detterà temi per approfondimenti e manifestazioni collaterali, insieme alla mostra grafico-pittorica della Sala del Camino o della Dama bianca che Pietro Weber ha dedicato a Franz Kafka con l’epilogo, il compimento della mostra 2021, che schiude altri germinativi orizzonti alla narrazione dell’arte.
Il Castello di Pergine
Sorto sulle fondamenta di una fortificazione preromana – sembra assodato che ogni insediamento in Trentino trovasse origine su preesistenti castellieri – il Castello di Pergine narra più di duemila anni di storia.
La Fondazione CastelPergine Onlus, che ha acquistato il maniero a seguito di un’innovativa azione di collaborazione tra pubblico e privato e lo ha reso un bene collettivo, ne ha fatto un centro di ospitalità a tutto tondo, dalla ricezione turistica alla gastronomia, all’arte e alla cultura.